La video sorveglianza pubblica:          Che bello!

LA RETE DEL RAGNO SOPRA LA CITTÀ!

La mattina del 11 luglio '18, la sala della Vaccara di Palazzo dei Priori, ha visto la conclusione di un progetto studiato e voluto dalla politica comunale perugina: il censimento della videosorveglianza privata a Perugia al servizio della sicurezza pubblica. Sono state illustrate le modalità della piattaforma per l'inserimento e l'utilizzo degli impianti di videosorveglianza privati al servizio delle Forze dell'Ordine. Tolti tutti gli "orpelli" e i "corbelli" la questione si riduce al concetto di una rete di telecamere (private e pubbliche) che estendendosi, a mo di ragnatela, per tutta Perugia, o sopra buona parte di essa, (bisogna poi sapere quali sono le parti! Solo centro o anche periferie?) dovrebbe, in teoria, garantire una visibilità dei crimini che ivi si commettono.Tutto ciò grazie all'inserimento di due articoli del regolamento di Polizia Urbana (il 30: "censimento impianti di videosorveglianza attivi nel territorio comunale" ed il 31: "trattamento dei dati"), approvati a suo tempo dal Consiglio comunale.
"Il calzolaio sa leggere e scrivere. Buono a sapersi!" come diceva quella battuta sul film "NELL'ANNO DEL SIGNORE".
Parlando in "tecnichese" l'art. 30 stabilisce che: "I titolari di impianti di videosorveglianza attivi nel territorio comunale sono obbligati a comunicare al Comune di Perugia, entro 60 giorni dalla loro installazione, i principali dati riferibili a detti impianti, in particolare:- ubicazione dell'impianto;- dati identificativi e reperibilità del titolare dell'impianto;- dati identificativi e reperibilità del responsabile del trattamento.La comunicazione dei predetti dati sarà effettuata con modalità semplificate mediante il loro inserimento nella sezione dedicata predisposta sul sito internet comunale, visionabile esclusivamente dalle Forze di Pubblica Sicurezza. 
Con le stesse modalità e nello stesso termine di 60 giorni, il titolare dell'impianto dovrà comunicare eventuali variazioni dei dati precedentemente comunicati. Sono esclusi dall'obbligo di comunicazione gli impianti attivi all'interno di aree private. Per impianti attivi all'interno di aree private si intendono quelli che registrano esclusivamente immagini all'interno di abitazioni private e/o loro pertinenze esclusive".
Mentre l'art. 31 (trattamento dei dati) recita infine infine che: "I dati saranno trattati nel rispetto della disciplina dettata dal Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 "Codice in materia di protezione dei dati personali", nella esclusiva disponibilità di Magistratura e Autorità di Pubblica Sicurezza per le loro attività di indagine, secondo modalità operative puntualmente concordate con il responsabile comunale del loro trattamento". 
Tutto bellissimo ed essenziale. Non c'è che dire! Ma un "ma" è doveroso (almeno da parte nostra). Siamo sicuri che questo importante alleato (videosorveglianza) per l'individuazione dei criminali che già hanno commesso l'illecito sia anche utile per una adeguata prevenzione? Perché, per il cittadino, per la sua incolumità e sicurezza, è più importante che il crimine venga prevenuto più che dare la caccia a chi l'ha già commesso e magari ha già fatto del male irreparabile a qualche malcapitato! È chiaro che il problema non è banale, ed è certamente delicato riuscire ad incidere concretamente sulle esigenze di prevenzione più che, o quantomeno nello stesso modo e sostanza, di quello del fermo del criminale che già si è qualificato tale.
Per non parlare poi della questione del reale diritto alla privacy (Regolamento del garante della privacy) che potrebbe andare seriamente compromessa con il non corretto uso, che si potrebbe fare, degli stessi. Occorre dunque affrontare il problema rimanendo con i piedi per terra e facendo ricorso più al buon senso pratico che agli impianti tecnologici possibili che si possono mettere in campo, altrimenti si rischia di perdere il senso della misura finendo col proporre norme ridicole e sostanzialmente inapplicabili o inutili.
Perugia 13/07/18